Anno: 1995
Colore: A colori
Durata: 178
Titolo originale: Casino
Formato: Wide screen
Produzione: Universal pictures, syalis da, légende entreprises, de fina-cappa
Distribuzione: Uip - cic video - laserdisc e dvd: pioneer electronics - cecchi gori group
Origine: Francia, Stati uniti
Vietato ai minori di: 14
Tratto da: Tratto dal libro di nicholas pileggi
"Da una storia realmente accaduta, proprio come faceva Shakespeare con le cronache dei re inglesi, Scorsese ha estratto le linee di forza di un racconto drammatico che sposa l'iperrealismo al pittoresco nella descrizione della malavita, con i suoi complicati rituali piccolo borghesi e le sue feroci condanne inappellabili. Da oggi in poi, quando vedremo le mille luci di Las Vegas non potremo evitare di pensare alle tombe clandestine immerse nel buio del deserto circostante. Se nel teatro elisabettiano ci si scannava per la corona, ai tempi nostri ci si scanna per il denaro: il giudizio di 'Casinò' sull'ambiente del gioco, metafora delle pulsioni di morte della società capitalista, è di rifiuto totale. Forse perciò questo imponente film di denuncia non è destinato a diventare troppo popolare." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 23/3/96)
"'Casinò' è il 17º film (e mezzo) di Scorsese, l'ottavo con De Niro protagonista, il secondo scrittogli dal giornalista Pileggi, esperto di mafia, ma non vale 'Goodfellas'. Si direbbe che anche Scorsese si sia lasciato un po' ubriacare dalla materia, dalla storia e dai personaggi. Non si mette qui in discussione il suo talento, ma la forma della sua dismisura, i modi dei suoi eccessi, come se fossero sfuggiti al suo pieno controllo. La parte migliore è quella, di taglio semidocumentaristico, con cui racconta l'ambiente e il funzionamento del casinò Tangiers con hotel annesso che nella realtà è poi il Riviera. Lo si dice per chi, tra gli spettatori, ha fatto il turista a Las Vegas: il Riviera fu ristrutturato nel 1990, ma nello stesso stile del 1964 quando fu costruito. Questo versante realistico e descrittivo non s'accorda sempre col virtuosismo stilistico di Scorsese: dissolvenze veloci, fermi d'immagine, effetti ottici, ricorso al rallentatore nei frammenti di repertorio, bruschi passaggi dall'intimismo psicologico ai soprassalti epici e agli impietosi referti di morte violenta. Nonostante l'eccellente direzione degli attori (De Niro e Pesci di nuovo in coppia, affiatatissimi; la Stone che s'è tuffata con abbandono libidinoso nella sua Ginger; la galleria delle facce di contorno), è proprio sul versante dei conflitti tra i personaggi che si avvertono le debolezze di fondo. Casinò è un film che finisce con l'avvitarsi nevroticamente su se stesso."(Morando Morandini, 'Il Giorno', 24/3/96)
"Benché all'origine di 'Casinò' ci sia una biografia del bestseller Nicholas Pileggi, una narrazione garantita da documenti e interviste sull'ascesa, l'apogeo e la caduta (ma non la scomparsa) di un gangster, non siamo, in Casinò, alla messa in opera dell'avventura di un malavitoso fra il 1972 e l'82 bensì alla dilatazione, alla mitizzazione di spunti che, nella cronaca, hanno un lontano riscontro. Lo sfarzo di una vita apparente, di un'avventura da cinema, è valorizzato dalla scenografia di Dante Ferretti, dalla fotografia di Robert Richardson, dalla recitazione e dalla scioltezza di una cinepresa che non concede indugi. Ogni particolare ci viene tolto mentre ancora lo stiamo osservando, e ciò esalta l'opulenza dell'apparato. Benché come raggelati gli stessi ammazzamenti, spietati e numerosi nel finale, perdono così ogni connotazione realistica, e restano morti da cinema. L'unico elemento drammaturgico affrontato nel film con personale partecipazione è quello del matrimonio di Sam e di Ginger (Sharon Stone) che, impiantato su basi pericolanti (il ricatto dei soldi e dei gioielli), non può che aprire pozzi di perfidia e nevrosi. L'impeto devastante dei due forzati conviventi e l'animalità furbesca di Nicky Santoro sono resi con maestria. Per il resto un film come 'Casinò', pur linguisticamente perfetto, rientra in quell'estetica della crudeltà su cui si parlò al tempo della scoperta della narrativa americana. Essa dà smalto a suasiva luminosità a quella che, a guardar bene, non è che la messa in scena di una carneficina". (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 24/3/96)